Pancatantra 2
Pancatantra
(Tantrakhyayika)
IV, 9
(Tema:coloro
che perdono il bene a causa della loro stoltezza)
Il
ladro di cipolle
Asti
kasminsh-cin nagare palanducauro
grhitah sa ca samyamya rajakulam nitah uktash-ca dharmadhikaraih
bhadra rupakashatam dandam prayaccha
kashapraharashatam
va sahasva palandushatam va bhaksayasveti anyatha nasti te moksha
iti atha mudhamatir asau vyajijnapat palandum bhaksayami ity uktva
yavat saptastau palandustambakani bhaksayati tavat katukatvat
sravannetranasaputah prakatithapenapuritavadanah provaca nasmi
bhaksayitum samarthah na ca rupakashatam datum yatah kashatadanam eva
sodhum varayami atha kashapraharah katicid asmai yavad diyante tavad
uccaih provaca naham etan api sodhum shakto rupakashatam dadami
sodayam tan mam paritrayadhvam iti evam gato janahasyatam
svasharirakadhartanam captavan.
In
una città c’era un ladro di cipolle. Una volta preso e
imprigionato costui fu condotto in tribunale dai giudici e parlò.
(I giudici dissero): “Signore, devi pagare una multa di cento
monete, oppure sopportare cento frustate oppure mangiare cento
cipolle: diversamente per te non c’è via di scampo!”.
Allora costui, in preda alla confusione, ponderò e disse:
“mangio le cipolle”. Mentre mangia sette-otto mazzi di
cipolle intanto con le cavità degli occhi e del naso bagnate
di lacrime a causa del sapore aspro, con la faccia piena di schiuma
che appariva da tutte le parti, disse:
“non
sono capace di mangiare (le cipolle) e non posso dare cento monete,
perciò scelgo di sopportare le cento frustate”; allora
gli vengono inflitti altrettanti colpi di frusta, intanto disse: “non
sono neppure capace di sopportare questi, do le cento monete con
l’interesse, pertanto liberatemi!”
Così
se ne andò via tra gli scherni di tutti… e ci guadagnò
la rovina del suo corpo!
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