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Ganesha
Continuando con l’articolo “Ganesha: il Signore che rimuove gli
Desideriamo presentare alcuni
racconti che riguardano la figura mitica di Ganesha: “Il
Signore che rimuove gli ostacoli”. In essi filosofia,
misticismo e mitologia sono relazionati. Le storie sugli dei e le
divinità sono divertenti e anche se appaiono come semplici
racconti possono essere rielaborati nel corso di anni e magari vite,
in quanto, non essendo relazionati a un determinato momento storico o
a persone fisiche, si collocano oltre il “tempo e lo spazio”
e per questo possono essere attuali in qualsiasi epoca e ascoltati da
chiunque. Possiedono un grande significato simbolico che richiede una
certa riflessione e concentrazione affinché lo si possa capire
ed interpretare, al solo ascolto riceviamo felicità e una gran
pace. Nel comprendere il profondo significato nascosto, queste storie
ci liberano dall’ignoranza.
La sua nascita
In ciascun ciclo dell’umanità
(Kalpa in sanscrito), la storia della nascita di Ganesha è
presentata in modi differenti. Nel ciclo attuale si racconta in
questa maniera:
La
dea Parvati, sposa del dio Shiva, al fine di mantenere l’intimità
all’interno della sua casa, affinché nessuno la
turbasse, creò direttamente dal suo collo un figlio al quale
affidò tutti i suoi poteri. Il bambino era immacolato e
bellissimo in ogni parte del suo corpo. Forte, possente e brillante
come mille soli e pieno di coraggio e valore. Parvati lo benedisse e
gli assegnò il compito di badare alla porta della sua casa
ordinandogli di non permettere ad alcuno di entrare, affinché
si potesse lavare con tranquillità.
Quando il dio Shiva tornò,
fu molto infastidito da questo fanciullo che gli impediva l’accesso
alla sua casa.
Ganesha gli disse:
“Senza il permesso di mia
madre Voi non potete entrare, lei si sta lavando, aspettate che
finisca in maniera tale che io possa chiedere il suo permesso”.
Shiva rispose:
“Chi sei tu per osare
tanto? Io sono Shiva, il Signore dell’Universo, lo sposo di
Parvati, e questa è la mia casa”. Così parlando
Shiva tentò di entrare, ma Ganesha lo colpì più
volte col suo bastone. Shiva, furioso, si ritrasse e inviò
tutti i suoi servitori (ganas) ad indagare su questo potente
bambino e per tentare di allontanarlo da quel luogo. Ganesha,
ignorando tutte quelle domande, si mantenne fermo di fronte al
portone di casa sua e quando l’esercito di Shiva, fortemente
armato, si avvicinò, iniziò una battaglia durante la
quale Ganesha sbaragliò tutti i ganas. Allora Shiva,
più furioso di prima, chiese aiuto agli altri dei del pantheon
indù per attaccare Ganesha e in particolare a Brahama (il
creatore), Vishnu (il preservatore) e Indra ( il capo del paradiso).
Cominciò così una
furiosa battaglia nella quale Ganesha, con tutto l’aiuto del
potere della Madre Divina, quasi vinse, però Shiva, armato del
suo tridente e con l’aiuto di Vishnu, gli tagliò la
testa.
Quando Parvati si rese conto
della morte di suo figlio, si riempì d’ira e chiamò
le due potenti Shaktis; Kali, che venne dall’aria, e Durga, che
arrivò dalla terra e ordinò a loro di uccidere e
divorare tutti i devoti degli dei che avevano partecipato alla guerra
contro Ganesha.
Spaventati dalla tremenda
vendetta di Parvati, gli dei e i ganas guidati dal Rishi
Narada, pregarono la Madre Divina nel tentativo di dissuaderla, le
cantarono inni e le promisero obbedienza eterna come Shakty
primordiale e principio di tutta la creazione.
La
dea Parvati accettò di ristabilire la pace a condizione che
Ganesha tornasse in vita e che fosse adorato prima di tutti gli altri
dei. Gli dei furono d’accordo e Shiva marciò verso il
Sud promettendo di decapitare il primo essere vivente che avesse
incontrato. Giusto in quella direzione, addormentato, incontrò
il demone Gajasura, che aveva ucciso vari saggi e distrutto fuochi
sacrificali. Shiva tagliò la sua testa di elefante e la pose a
Ganesha bagnandola con acqua benedetta. Immediatamente egli si alzò,
come se si fosse risvegliato dal sonno.
Ganesha, con la testa e la
proboscide di elefante e con il corpo di un bambino dava allegria a
tutti. Gli dei gli concessero il titolo di Comandante supremo dei
ganas. Tutti lo venerarono e la pace tornò nuovamente
in paradiso.
In ogni tempio indù
Ganesha è adorato sempre come prima cosa, perché ha il
potere di aprire le porte del cammino spirituale e rimuovere tutti
gli ostacoli che ci impediscono di evolvere.
Tutti siamo figli della Madre in
questo corpo. Tutti abbiamo un dovere, un dharma da compiere,
ma quando l’ego si manifesta troppo, allora Shiva, che
rappresenta la Coscienza Superiore, arriva, e taglia l’ego e
l’oscurità. Una parte oscura (il demone dormiente) è
latente in ciascuno di noi e rappresenta l’ignoranza e
l’incoscienza; quando questa testa è tagliata, la luce
torna a risplendere in ogni parte del nostro essere.
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