Le lingue dell’India
Nel complesso le lingue indiane possono essere distinte in tre gruppi ben distinti:
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Lingue indoarie
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Lingue dravidiche
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Lingue munda
Le lingue indoarie si estendono per buona parte del territorio indiano. A parte il sanscrito, forma classica dell’antico indoario e lingua elitaria, la lingua indoaria più diffusa nell’India moderna è l’hindi, lingua che nella sua forma depurata dalle molteplici varianti dialettali derivate è nota come Khari Boli. Essa, alla base anche della lingua letteraria hindi moderna e arricchita dall’introduzione di vocaboli di origine sanscrita, è stata denominata dagli inglesi hindusthani. Tra le altre lingue di ascendenza indoaria si annoverano poi la gujrati, la panjabi e la pahari, parlate nell’India centrale.
Le lingue dravidiche si possono suddividere in tre sottoinsiemi:
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Lingue dravidiche del nord (gondi, kui, kurukh) sono diffuse nel Deccan settentrionale e nelle aree periferiche più arretrate
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Lingue dravidiche del sud: comprendono un’area linguistica estesa nella regione meridionale (incluso lo Sri-Lanka) all’interno della quale la lingua più nota è il tamil, dotata persino di un alfabeto proprio. A questo gruppo si riconnettono anche dialetti come il telugu, il canadese, il kudagu e il toda.
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Il Brahui: è una lingua diffusa nel Belucistan e fortemente influenzata oggi da influenze provenienti dal lessico arabo-persiano
Le lingue munda (o colarie): si tratta di lingue diffuse prevalentemente nell’area nord-orientale del Deccan, la più nota delle quali è la lingua santali, riconducibile alla famiglia linguistica austro-asiatica per via della sua affinità con la lingua mon, parlata a sud della Birmania, e con la lingua khmer della Cambogia.